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L’Influenza Nuova

marzo 9, 2013 3 commenti

Di influenza ne ne esce fuori una nuova ogni anno, con la cadenza dei nuovi modelli di smartphone. Solo che invece dei keynote annunciati da due settimane, vi ritrovate bell’e buono per i cazzi vostri e vi sentite male, e vi inchiodate al letto per tot giorni.

Era impossibile che me la scansassi: a casa mia l’hanno acchiappata tutti – e con tutti intendo quattro generazioni, da mia nonna a mia nipote. Però facevo buon viso a cattivo gioco, evitavo di stare in contatto con gli ammalati, o stavo in camera mia o uscivo: insomma, cercavo di non farmi acchiappare.

Eh, se sei cazzo.

Vi spiego: vi acchiappa all’improvviso che vi gira lo stomaco. Voi cercherete di incolpare la superba cena indiana di due ore prima (una roba mai mangiata e che v’è pure piaciuta un sacco), perché poi tenete che fare per i due giorni successivi, cose che dovete e volete fare, e quindi giù d’esorcismi. Niente. Perché se una cena indiana v’è andata giù male, la vomitate e finisce lì. Invece st’influenza v’acchiappa brutto, a livello che dopo aver vomitato tutte quelle saporitissime carni speziate, il riso, e pure il frullato al mango, vomitate L’ACQUA. Mai capitato. Brutta roba.

Insomma, state tutta una notte con la panza in mano e dormirete al massimo mezzora. Fortunatamente ero con la mia pazientissima ragazza, la quale, spero, riesca a scansarsela. Dopo una mezza giornata passata a cercar di recuperare il sonno, mi sono messo sul treno da Roma ad Aversa, perché finiva che se incrociavo la sorellina della mia metà le mischiavo qualcosa e ci sarei rimasto veramente troppo male. Quindi ho deciso di andarla a mischiare a tutto un vagone di un regionale; non so, però, quanti di voi abbiano esperienza dei regionali Roma – Napoli del venerdì pomeriggio: io li ho presi, ma mai mi sono trovato a non poterci salire perché troppo pieno. Ci mancava poco che diventava uno di quei treni in India, quelli dove la gente si siede sul tetto. Allora, con sommo rammarico, devo sborsare dieci euro in più e prendere un InterCity.

Beninteso: il treno era l’unico modo di tornare a casa, nell’atto non c’è niente di sadico tipo voler mischiare le malattie a ignari viaggiatori. Però è anche vero che con la memoria sono tornato indietro a tre anni fa, quando dopo il medesimo viaggio tornai a casa con un mal di testa lancinante e la febbre a 39, e capii che m’ero beccato l’influenza di quell’anno, quella che chiamavano “febbre suina”. Là era pure peggio, perché passavi la notte in bianco col mal di testa potente, una cosa insopportabile; ricordo della prima notte fu che, dopo aver provato a prendere sonno in tutte le maniere possibili, alle quattro del mattino accesi la TV e su La7 davano Mean Streets di Scorsese in lingua originale. Grande film.

(E intanto la mia parte sadica sogghigna: now we’re even, Trenitalia.)